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Uniti verso obiettivi comuni. Il punto da cui ricominciare

La competenza deve tornare ad essere il pilastro su cui basare la ricostruzione

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Tullio Pirovano, CEO del Gruppo Lutech, ha scritto un articolo recentemente pubblicato all’interno del saggio “Ricostruzione”, a cura del prof. Ivan Rizzi per la collana IASSP.

Per affrontare il tema della Ricostruzione, è bene cogliere le differenze rispetto al momento storico del Dopoguerra. La distruzione causata dalla guerra rendeva necessaria una ricostruzione totale, partendo dalle macerie di una nazione andata in frantumi fisicamente e psicologicamente. Le persone di allora, forse proprio perché si era toccato il fondo con le brutture e gli stenti della Seconda Guerra Mondiale, hanno lavorato per ricostruire il proprio Paese con uno slancio di gioia, fiducia ed entusiasmo che oggi non ravviso. Inoltre, la guerra ha avuto un inizio e una fine ben distinti, per cui la firma di un trattato e di un armistizio si è tradotto in un cambio immediato delle condizioni. 
L'attuale pandemia, invece, non ha un termine definito; la ciclicità delle ondate di contagio e lo sviluppo di nuove varianti rendono tuttora difficile intravederne la fine, dato che il vaccino è l’arma fondamentale ma, da sola, non è sufficiente per gestire una situazione così complessa e confusa. 

L’emergenza sanitaria ci ha messo di fronte alla nostra vulnerabilità. La frenesia del mondo moderno, data ormai come condizione scontata dell’esistenza, è stata spazzata via e con essa anche molte delle sovrastrutture che ci impedivano di «crescere» in maniera sana all'interno di un sistema economico-sociale-ambientale fortemente stressato.
La pandemia, in una società sviluppatasi più sulle disuguaglianze e su grandi egoismi che sulla reciprocità e nel rispetto dell’altro, ci ha mostrato come il fondamento della società non sia l’individualismo, ma il legame esistente tra l’Io e il Noi, non l’apparire ma il sapere. Temi chiave in una società dove la perdita dei valori relativi al merito e alla competenza ha bloccato i percorsi di emancipazione e lo stesso ascensore sociale.
La competenza deve tornare ad essere il pilastro su cui basare la ricostruzione.

"L'imprenditore ha la responsabilità di ricostruire partendo da una prospettiva di sostenibilità"

Proprio per questo penso sia fondamentale ripartire dall'impresa, i cui fini e la cui natura sono una frontiera in divenire. In un momento di grande insicurezza, l'imprenditore ha la responsabilità di ricostruire partendo da una prospettiva di sostenibilità.

L'azienda oggi è sottoposta a una moltitudine di sollecitazioni legate al rischio ambientale, alla tutela delle persone, alle aumentate disuguaglianze sociali e alla crescente diffusione delle tecnologie digitali. L’impresa deve sapere rispondere ai mutamenti in atto adeguando la propria funzione distintiva alle complessità crescenti; imparando a operare nelle sempre nuove condizioni di business locali e globali; diventando un attore propositivo in un rinnovato contesto sociale, culturale e valoriale; fornendo soluzioni ai problemi del nostro tempo.

L'incertezza economica, sociale e personale evidenziata dalla crisi sanitaria richiede una nuova cultura dell’impresa, più improntata alla costruzione di un nuovo paradigma di relazioni sociali e meno come semplice strumento di interessi basato sulle transazioni economiche. Al valore economico si deve associare la creazione di senso attraverso un ruolo che da economico diventa sociale e generativo, mettendo in atto comportamenti etici, socialmente responsabili ed economicamente sostenibili. L'etica deve essere la dimensione costitutiva dell'impresa.

Durante questo periodo di forte incertezza, l'impresa ha rappresentato un importante punto di riferimento, diventando un caposaldo di tranquillità e sicurezza. In pochissimo tempo il tessuto lavorativo, industriale e imprenditoriale è passato allo smartworking, riuscendo a mantenere eccellenti livelli operativi, di efficienza ed efficacia. Ora dobbiamo fare tesoro dei cambiamenti strutturali che sono stati forzati dalla pandemia. Abbiamo compreso che è possibile un sano bilanciamento tra la vita lavorativa e quella privata, accorgendoci dei molti limiti insiti nel modello precedente.

Oggi per esempio, è in atto un profondo ripensamento degli spazi fisici (lavorativi, urbani, civili) per adeguarli alla flessibilità che ci è richiesta. Gli spazi devono essere lo specchio della trasformazione in atto, di un modo di lavorare insieme che comprenderà la possibilità dell'home working da una parte e del lavoro in presenza dall'altra. L'azienda è fatta di persone, interazioni e rapporti, in cui la crescita e l'innovazione sono il risultato di relazioni e interazioni costanti che passano anche da una comunicazione non verbale, resa possibile dall'incontro nell'ambiente di lavoro.

"Crescita e innovazione richiedono anche e soprattutto competenza"

Crescita e innovazione richiedono però anche e soprattutto competenza. Pensiamo all’enorme quantità di dati generati dalla connessione costante resa possibile da internet tra il mondo reale e le dimensioni virtuali. "Big Data" appunto, la cui raccolta, analisi, gestione e interpretazione stanno originando una società e una economia fondate sul valore di questi dati digitali: la Data-Driven Society. C'è la necessità di sviluppare le competenze specialistiche in grado di valorizzare al meglio il patrimonio dei dati, per trasformare elaborazioni complesse in sintesi di informazioni e trend di comportamento che servono per prendere decisioni quasi in tempo reale. Questo è quindi un aspetto tecnologico e funzionale importantissimo che non può prescindere dall'investimento sulle competenze e dal concetto di etica per le interpretazioni che si fanno di questi dati.

Il mismatch tra domanda e offerta rimane uno dei grandi problemi irrisolti del nostro mercato del lavoro e un freno alla crescita industriale del Paese, soprattutto alla luce dell'alto tasso di disoccupazione giovanile. Mancano i laureati in discipline STEM (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione. Le imprese hanno necessità di assumere risorse che di fatto sono introvabili sul mercato e ciò genera un’accesa competizione tra le aziende per attrarre i migliori professionisti. Questa “war for talent” è un chiaro indicatore della mancanza di un orientamento efficace in ambito scolastico. È necessario inserire precocemente dei percorsi di informazione (e formazione) in modo tale di allineare maggiormente l'offerta con la domanda.

Le donne, sempre di più, giocheranno un ruolo fondamentale in questo processo trasformativo. L’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere, lo European Institute for Gender Equality, segnala una mancanza di presenza femminile –dall’istruzione al mondo del lavoro – nell'ambito delle materie STEM e dei lavori nel settore ICT. Questo gender gap oggi è incomprensibile, va promossa la parità tra i sessi, contrastando le discriminazioni di genere a partire dalla scuola. Il modello che viene trasferito sin dal primo ciclo scolastico crea una vera e propria segregazione di studio e, di conseguenza, di lavoro fra i sessi.

Dato che l'occupazione in questi settori (pensiamo allo sviluppo di intelligenza artificiale, di start-up digitali e prodotti ad alta tecnologia) crescerà a velocità doppia nei prossimi dieci anni, è fondamentale investire adesso per colmare il divario di genere (che la pandemia ha ulteriormente amplificato).

Tullio Pirovano, CEO Gruppo Lutech

Da Ricostruzione, a cura di I. Rizzi, Milano, Collana IASSP, Rubbettino, 2021

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