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Retail Digital Transformation:
la customer experience tra in store e on line commerce

Il valore dei dati raccolti nel punto vendita per migliorare l’esperienza omnicanale

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Informare il consumatore per un’esperienza online sempre più coinvolgente

Le aziende direct-to-consumer sono state le prime a ricercare strategie e strumenti per informare il più possibile il proprio target: sia attraverso il racconto del brand e dell’azienda, con approccio storytelling, sia attraverso informazioni sui prodotti aggiornate, ricche e consistenti su tutti i canali a disposizione.

Content marketing, product information management, soluzioni di product recommendation e di personalization della piattaforma ecommerce, hanno reso il  percorso online del cliente sempre più completo e coinvolgente.

L’obiettivo era costruire una customer experience soddisfacente anche dal punto di vista della search e del customer service, con sempre più contenuti e tool a disposizione per compiere una scelta informata: video, viste di prodotto interattive, try on virtuali, insieme a live chat e chatbot per avere le risposte necessarie a eventuali dubbi e essere guidati nell’acquisto, come se si avesse vicino uno store assistant.

Tutto questo dal proprio divano, con un notevole beneficio di tempo e energie.

A questo punto, superata la lotta tra online e in store, tra webrooming e showrooming, e assodato che l’unica strada per crescere su un mercato sempre più competitivo è l’integrazione omnichannel dei canali e di tutti i touchpoint, al retailer  potrebbe venire un dubbio: ora che finalmente sono riuscito a fornire online tutte le informazioni al cliente e a raggiungere l’obiettivo di customer engagement sul canale digitale, non corro il rischio che il mio cliente non abbia più l’esigenza di andare sul (mio) punto vendita?

Abbiamo creato un cliente sempre più informato, ne andiamo fieri, ma cosa significa questo per il retail?

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E se il “cliente informato” in futuro scegliesse sempre meno di recarsi in store?

Dall’ecommerce al retail fisico: fashion brand, skincare e materassi hanno qualcosa in comune?

Online e Instore

Il percorso di acquisto avviene ormai essenzialmente online, ma l’ultimo step fisico del percorso sembra insostituibile.

A livello worldwide le vendite ecommerce nel retail rappresentano solo il 13% (con picchi del 17% in UK e del 24% in China). L’importanza dello store fisico, soprattutto per i settori del retail in cui il try before buy è correlata alle caratteristiche del prodotto, è cruciale: questo vale per i beni di lusso, abbigliamento, accessori, arredamento. Il 74% dei brand nati esclusivamente come ecommerce di questi settori hanno infatti in piano di sviluppare una presenza fisica entro i prossimi 3 anni (Business insiders).

Qualche case history sul nuovo modo di fare retail che verticalizza produzione, branding e distribuzione?

Nel settore fashion, tra i brand più significativi di chi ha integrato in modalità omnichannel la customer experience online dei propri clienti con l’apertura di punti vendita fisici, ci sono sicuramente Warby Parker ed Everlane.

Il mondo del fashion non è l’unico in cui troviamo best practice sulla retail digital transformation “al contrario”: brand nati online che approdano al physical, ovvero la fusione tra spazio fisico e digitale.

Dollar shave club, azienda nativa digitale sorta nel 2012, ha creato una vera e propria community per uomini, la cui online value proposition è “get ready to look, feel and smell your best”. Il modello di ecommerce direct-to-consumer non vende semplicemente rasoi e prodotti per la skincare maschile: sottoscrivendo l’abbonamento mensile che, chiaramente permette di ricevere a casa rasoi, lamette, schiuma da barba e prodotti “every day” che normalmente vengono comprati al supermercato in maniera automatica all’occorrenza, si entra a far parte di un vero e proprio club che il brand è riuscito a costruire.  Con campagne marketing virali e contenuti ironici, ma utili, il brand è diventato fortemente identitario, con risultati di conversione inaspettati, arrivando a 3 milioni di iscritti sul mercato US. Nel 2016 è stata acquisita da Unilever e per lanciare la linea in UK da gennaio ha aperto a Londra dei pop up store e sta definendo una strategia di retail fisico per il lancio sui nuovi mercati.

Omnichannel customer experience 

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Un’altra case history di un brand nativamente digitale viene da un settore completamente diverso, quello della vendita di materassi online.
Per noi, cresciuti con le televendite di Eminflex, potrebbe sembrare banale, ma il modello di Casper, fondata nel 2014 e oggi con più di 1 milione di clienti in 8 country, è realmente disruptive: un’esperienza di acquisto completamente nuova che ti permette di ricevere un materasso in soli 60 minuti dal pagamento online, con un packaging essenziale e ridotto, perchè si tratta di un “mattress in a box”  che una volta aperto in pochi minuti prende la forma naturale del materasso. Sul rito dell’ “unboxing” il brand ha costruito la sua strategia di user generated content, con video condivisi sui social da migliaia di persone. Tutto questo non è a discapito della logica try before buy, dato che Casper offre la possibilità di cambiare idea entro ben 100 giorni. A costruire un brand smart e innovativo anche nei tone of voice concorrono i valori dell’ecosostenibilità e della fiducia per il cliente, il tutto chiaramente raccontato all’interno della strategia di storytelling che accompagna il consumatore dall’inizio alla fine del funnel di conversione, con approccio problem solving (“what to do when I can’t sleep?”), mostrando le review dei propri clienti, in maniera del tutto trasparente. Questa sapienza nel content marketing è ottimizzata grazie a skill nel SEO on page e off page, nella marketing automation, nella pianificazionei Adwords e remarketing.

Una strategia “only ecommerce” eccellente quindi, eppure, anche Casper ha aperto il suo primo store fisico permanente a New York, ha all’attivo già diversi temporary store e ha aperto una ventina di punti vendita negli US nel 2019, forte dei dati che dimostrano che dove hanno aperto punti vendita il processo di conversione delle vendite è stato molto più veloce.

Se da una parte i retailer “puri” hanno seguito i loro consumatori online, creando un modello all’insegna di un accesso semplice e veloce a beni e informazioni, gli ecommerce brand seguono i propri consumatori nel fisico, rispondendo alla loro esigenza di vedere, toccare e  avere un’esperienza diretta del brand.


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Gli esempi riportati testimoniano come la strada maestra per vincere la sfide della digital transformation nel retail sia passare dall’essere product-centric, con la vana speranza  di ottimizzare il più possibile i passaggi tra l’acquisto dei prodotti e la loro rivendita (in un mondo in cui esiste Amazon ogni sforzo di craere margine in tal senso è totalmente inutile), all’essere consumer-centric (Forbes).

I retailer devono focalizzarsi sulla catena del valore digitale e sfruttare i big data: raccogliere dati, su prodotti, clienti, location, trasformarli in informazioni approfondite e in ultimo step in azioni concrete.

Il valore dei data actionable, provenienti dai consumer insights, rivoluziona completamente il significato dato agli store fisici.

La crescita e lo sviluppo delle aziende e del settore Retail non passa solo dall’ottimizzazione dei processi della supply chain, intervenendo esclusivamente sul tempo in cui si riescono a “spostare” i prodotti dal brand al consumatore, ma in quanto tempo i dati raccolti all’interno del punto vendita sul comportamento dei clienti riescono a trasformarsi in azioni del brand per migliorare la customer experience omnichannel e le modalità di customer engagement.

È esattamente quello che sta facendo Amazon Go, il grande laboratorio in cui, grazie a soluzioni di Artificial Intelligence e di deep learning viene letteralmente “scansionato” il comportamento di acquisto e i dati raccolti vengono poi messi a sistema con l’incommensurabile bacino di Amazon commerce, per creare la migliore customer experience omnicanale possibile, con nuovi servizi e interazioni sempre più coinvolgenti e governate dal cliente stesso.

Non a caso la missione di Amazon è essere l’azienda più customer-centrica della terra, perché è solo osservando e ascoltando il cliente (e investendo sulla tecnologia) che si può guidare l’innovazione.

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